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IL GRANDE PALAZZO
Sessagesimali
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40° 59′ 10″ N, 28° 54′ 44″ E
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Decimali
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40.986111°, 28.912222°
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UTM
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4538976 660859 35T
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Voci
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40 degrees N
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"Costantino decide di rendere la città una sede adatta per un imperatore (...). La circondò con un muro (...) tagliando l'intero istmo da mare a mare. Costruì un palazzo non molto inferiore a quello di Roma. adornò splendidamente l'ippodromo, incorporandovi il tempio dei Dioscuri".
Zosimo, Storia nuova, Milano 2007 cit. in PRICE R. (trad.), The acts of the council of Calcedon, Liverpool 2005, 32.
"Non molto lontano da questa piazza si trova la dimora imperiale.
Il Palazzo è pressoché interamente nuovo e, come già ho detto, è stato
costruito dall’imperatore Giustiniano. È impossibile descriverlo a parole,
ma sarà sufficiente che i posteri sappiano che è tutto opera dell’imperatore.
Come si suole dire: «conosciamo il leone dagli artigli»,
così anche chi leggerà il mio scritto conoscerà l’imponenza di questo
palazzo dal vestibolo. Tale vestibolo ha nome Chalké. Si hanno
quattro muri diritti, alti fino al cielo, che formano un quadrato; sono
uguali in tutto fuorché nella lunghezza dei lati nord e sud, che sono
leggermente più corti. Intorno a ogni angolo sporge una costruzione di
pietre disposte con molta cura che si innalza insieme al muro dal
pavimento fino alla cima, di forma quadrata , ma connessa al muro con
un lato. Non turba la bellezza del posto, ma al contrario conferisce a
questo un po’ più di bellezza a causa dell’armonia che deriva dalla forma
simile. Su questi poggiano otto archi: quattro sostengono la copertura
centrale dell’edificio che si protende in alto a forma di cupola ; gli altri,
di cui due si trovano nel lato sud e due in quello nord e si appoggiano sul
muro vicino, reggono la copertura intermedia curvata a forma di volta.
Tutto il soffitto è decorato con figure realizzate non con la cera fusa e
colata sulla superficie bensì adattando pietruzze sottili e ornate con colori
di ogni genere. La decorazione, fra l’altro, mostra anche figure umane.
Ne descriverò il contenuto. Su entrambi i lati si vedono scene di guerra e
di battaglia e la conquista di numerosissime città sia in Italia che in
Africa. L’imperatore Giustiniano vince per mano del suo generale
Belisario e il generale avanza verso l’imperatore, conducendo tutto
l’esercito intatto e gli offre come preda re, regni e tutto quanto è
considerato straordinario fra gli uomini. Nel mezzo si trovano il sovrano
e l’imperatrice Teodora, entrambi con aspetto soddisfatto e in atto di
celebrare il trionfo sul re dei Vandali e dei Goti che vengono verso di
loro come supplici e prigionieri. Intorno a loro
i senatori romani, tutti infesta.
Questo infatti mostrano le pietruzze che leggiadramente fioriscono
sui loro volti. Esse esultano e sorridono rendendo all’imperatore onori
simili a quelli divini per lo splendore delle sue gesta. L’interno, fino alle
pietruzze in alto, è completamente rivestito con marmi magnifici, non
soltanto le pareti ma anche tutto il pavimento congiunto a queste. Alcune
lastre del marmo ivi esistente assomigliano allo smeraldo della pietra di
Sparta, altre ricordano la fiamma del fuoco; la maggior parte però sono
di colore bianco, non uniforme ma ondeggiante con venature centrali
cerulee".
Procopio, Sugli edifici, I, 10.
(in Procopii Caes. Opera Omnia, IV, a cura di J. Haury e P. Wirth, Lipsia 1964).
“Quando è il giorno della festa, di primo mattino, i prepositi si recano al Kaballarios: erano con l’ordine intero dei famigli addetti al cubiculum e là, accomodatisi su dei sedili, attendono (…). S’accompagnano ad essi gli spathari che, giunti all’Onopodion, quivi ripongono le armi. Rivestiti del solo skaramangion, i sovrani ora lasciano le loro sacre stanze e incedono lungo la grande sala del Chrysotriclinio: recitano le abituali preghiere all’interno dell’abside imperiale, ove, nella conca splende dipinta la santa e divina immagine di Nostro Signore e Dio raffigurato in trono (…). E di là vanno nelSigma sono qui schierati i manglaviti e gli ufficiali della etaireia che li accolgono insieme al logotheta, cui s’accompagnano il prefetto del calamaio, il preotoasecretis e il protonotaro(…). Raggiunto l’oratorio della Santissima Theotokos - il primo dedicato alla Vergine - gli imperatori sostano: prendono i ceri della mano dei prepositi, cui li consegna uno dei cubiculari, e con ceri in mano inchinandosi tre volte, rendono grazie a Dio. E di là si trasferiscono nel contiguo oratorio della santa Trinità: e similmente, con ceri in mano inchinandosi tre volte, rendono grazie a Dio (…) essi passano nel battistero ove sorgono le tre grandi croci: là riposte in antico (…). Compiuto l’atto di devozione , i sovrani poi si recarono nel triclinio dell’Augusteos: là, a riceverli , si trovano i ciambellani del Chrysotriclinio (…). Compiute queste cose, i sovrani entrano nell’appartamento di Daphne, e qui attendono che il referendario rechi da parte del patriarca le istruzioni concernenti l’ordine della cerimonia, secondo la liturgia della festa (…). Così fregiati delle loro insegne , solenni avanzano fino al triclinio dell’Augusteos (…). Compiutosi il rituale , i sovrani varcarono l’uscita e sostano nello stretto passaggio della Mano d’Oro – vale a dire il portico dell’Augusteos – fuori della grande porta: sono là adunati i ciambellani del Chrysotriclinio (…). E di là i magistri e gli altri dignitari scendono coi sovrani nel grande Concistoro, ove sono state traslate la croce del santo e grande Costantino e la verga di Mosè (…). Quando i sovrani hanno raggiunto la sommità dei gradini che stanno dinanzi al Kamelaukion sovrastante il trono (…). E di là i sovrani ripartono, e s’avviano la triclinio dei Candidati , in cui è radunato il clero della chiesa del Signore (…). E di là se ne vanno nel triclinio degli Excubiti ,Allineati a destra e a sinistra , secondo il proprio ordine , stanno qui schierati in loro attesa (coloro che reggono ) gli scettri romani che son detti vela. E di là i sovrani se ne vanno nel contiguo triclinio delle Scholae sostano nel propileo dei Santi Apostoli(…). Segue il terzo ricevimento , che ha luogo all’interno della Chalke (…). Ora è il momento che i sovrani oltrepassino la seconda porta di bronzo (…). Il quinto ricevimento ha poi luogo dinanzi alla grande porta di Melete che risponde sull’Augusteon.
PANASCIà M. (Ed.), Il libro delle cerimonie, Palermo 1993, pp.50-59-
"Imitatur Olympum
officiis Augusta domus, sic omnia clara,
sic numeris bene compta suis, ita luce corusca:
aurea convexi veluti rutilantia caeli
sidera mensura, numeris et pondere cursus
perficiunt librata suos, stabilique recessu
firma manent, unumque iubar super omnia fulget;
omnia subcumbunt flammis melioribus astra,
et quo tecta latent, regis pascuntur ab igne (…)
atria praelargis extant altissima tectis,
sole metallorum splendentia, mira paratu,
et facie plus mira loci, cultuque superba.
nobilitat medios sedes Augusta penates,
quattuor eximiis circumvallata columnis.
quas super ex solido praefulgens cymbius auro
in medio, simulans convexi climata caeli,
inmortale caput soliumque sedentis obumbrat
ornatum gemmis, auroque ostroque superbum.
quattuor in sese nexos curvaverat.
par laevam dextramque tenens Victoria partem
altius erectis pendebat in aera pinnis,
laurigeram gestans dextra fulgentem coronam.
mira pavimentis stratisque tapetibus apta
planities, (…)
egreditur princeps magno comitante senatu.
(…)longoque sedilia compta tenore
clara superpositis ornabant atria velis.
velategunt postes. custodes ardua servant
limina, et indignis intrare volentibus obstant
condensi numeris, fastu nutuque tremendi.”
adfuit obsequio castorum turba virorum.
(...) pronae solium regnantis adorant.
verum ut contracto patuerunt intima velo
ostia, et aurati micuerunt atria tecti,
Caesareumque caput diademate fulgere sacro (…) suspexit (...)"
(COR. In laudem Iustini, III, 179- 213, 254-257.)
“Se l’udienza deve aver luogo nel grande triclinio della Magnaura, è necessario che le porte del palazzo rimangano aperte: quivi, infatti, si svolgerà e si celebrerà il quotidiano corteggio. In questa occasione tutti i senatori, già al mattino, si recano alla Magnaura e indossano gli abiti delle cerimonie solenni. Al finire dell’ora seconda, quando ogni cosa è ormai pronta, i prepositi e i cubiculari entrano nell’appartamento imperiale passando attraverso la chiesa del Signore. Indossato il divitision bianco e il sagion orlato di ricami d’oro, i sovrani escono per il portico dei Quaranta Santi e di là vanno nel Sigma: li accompagnano in corteo i cubiculari, i manglaviti e gli ufficiali della etaireia. Poi fanno ingresso nella chiesa del Signore, e accendono i ceri. Passano quindi attraverso il Sacello e l’Oaton, percorrono il breve corridoio che conduce alla terrazza della Magnaura e procedono fino al grande triclinio ove sorge il trono di Salomone. Là, sotto la conca, nel lato destro guardando a oriente, sono collocati i troni portatili d’oro, e là sono state riposte anche le clamidi e le corone. Attraversato il triclinio i sovrani si portano invece nel cubicolo che si trova sul lato sinistro, e ivi si trattengono finchè sia tempo d’accogliere l’ambasciatore e abbia inizio l’udienza. Dopo che il maestro delle cerimonie, i prepositi e il logotheta del dromo han predisposto ogni cosa con cura, i prepositi entrano nel cubicolo e informano i sovrani che tutto è ormai pronto. E questi, senza indugio, si trasferiscono là dove sono poste le clamidi e le corone: assistiti ciascuno dal proprio preposito, poi rivestono le imperiali insegne, salgono infine sino ai loro troni e qui seggono. Frattanto la schiera dei dignitari che sta al di là delle due cortine mobili volte a occidente leva a gran voce i canti d’augurio, invocando «Numerosi e buoni anni». A quel punto, i prepositi s’avanzano e fanno entrare da entrambi i lati, da destra e da sinistra, i ministranti del cubiculum, così come la consuetudine vuole. Dispostisi questi nello spazio loro riservato, a un cenno del preposito , l’ostiario esce reggendo in mano una verga d’oro e chiama la prima entrata: i magistri. Poi, a un nuovo cenno del preposito , esce il secondo ostiario e allo stesso modo chiama la seconda entrata: i patrizi. Quindi il preposito ripete un cenno al primo ostiario , questi esce e chiama la terza entrata. Si prosegue così alternativamente finchè non siano stati introdotti tutti i dignitari e i funzionari di corte nel numero che la consuetudine stabilsce e secondo l’ordine che il cerimoniale prescrive. Dopodichè , entrano il catepano degli ufficiali di guardia a palazzo e il domestico degli addetti alChrysotriclinio, coi chrysotricliniti, che si distribuiscono a destra e a sinistra dinanzi a entrambe le cortine mobili. Dispostisi anch’essi in ordinato assetto, a un cenno dl preposito,l’ostiario esce reggendo la verga d’oro e fa entrare l’ambasciatore straniero che il catepano degli ufficiali di guardia a palazzo e il conte delle scuderie imperiali, o anche ilprotostrator, conducono tenendo sotto braccio. S’accompagna ad essi anche l’interprete , e li precede il logotheta del dromo. Ammesso al cospetto dei sovrani, l’ambasciatore si prosterna in atto di adorazione: e s’ode intanto il suono degli strumenti a fiato. Sollevatosi, egli s’avanza e s’arresta a una qualche distanza dal trono: gli strumenti a percussione. Quindi vengono introdotti i personaggi più illustri del suo seguito che. Prosternatisi anch’essi, ristanno più in basso nello spazio fra le due cortine mobili. Dopo che il logotheta ha rivolto le domande di rito all’ambasciatore, ruggiscono i leoni d’argento aurato, e gli uccelli d’oro poggianti sul trono sacro e sugli alberi – che pure son d’oro - danno inizio a un armonioso canto : in pari tempo le fiere si sollevano da terra stando ben ritte sulle zampe, a meglio apparire sul soglio. Mentre queste cose si compiono, il protonotaro del dromo consegna all’ambasciatore una sportula - un dono - ch’egli offre all’imperatore in segno d’omaggio da parte del suo sovrano. Ora cessa il ruggito dei leoni, gli uccelli smettono i loro armoniosi accordi, le fiere tornano sui loro sostegni e simultaneamente gli strumenti a percussione ridanno inizio alle musiche. Compiutasi la rituale offerta del dono, a un cenno del logotheta, l’ambasciatore si prosterna e senza altro indugio esce al suono degli strumenti a fiato. I leoni e gli uccelli, intanto, riprendono ciascuno con la propria voce, secondo l’ordine loro, e le fiere sorgono nuovamente dai piedistalli. Quando l’ambasciatore ha varcato l’uscita, i leoni cessano di ruggire, gli uccelli di cantare, le fiere tornano in posizione di riposo, e s’odono di nuovo gli strumenti a percussione. Se mai i sovrani intendono ricevere un altro ambasciatore, questo verrà ammesso al loro cospetto con lo stesso cerimoniale e col medesimo ordine di cose: altrettanto varrà per quanti altri ancora si accolgono in udienza.”
PANASCIà M. (Ed.), Il libro delle cerimonie, Palermo 1993, 114-115.
“Uscendo da Pavia il l° d’agosto (949), giunsi in tre giorni lungo il corso
del Po a Venezia, dove trovai l’eunuco Salemone kitonite,
ambasciatore dei Greci, che, di ritorno dalla Spagna e dalla Sassonia,
desiderava tornare a Costantinopoli e conduceva con sé il messo del
signore nostro, allora re, ora imperatore, con grandi doni, cioè
Liutifredo, ricchissimo mercante di Magonza. Partiti da Venezia il 25
agosto arrivammo il 17 settembre a Costantinopoli, dove in che modo
inaudito e meraviglioso fummo accolti, non ci rincrescerà di scriverlo.
Vi è a Costantinopoli una casa, contigua al palazzo, di meravigliosa
grandezza e bellezza, che dai Greci è detta Magnaura, quasi grande aura,
con la «v» posta al luogo del «digamma». Costantino fece così
preparare questa casa sia per i messi degli Ispani, che allora erano
appena arrivati, sia per me e Liutifredo. Innanzi al sedile dell’imperatore
stava un albero di bronzo, ma dorato, i cui rami erano pieni di uccelli
ugualmente di bronzo e dorati di diverso genere, che secondo le loro
specie emettevano i versi dei vari uccelli. Il trono dell’imperatore era
disposto con una tale arte, che in un momento appariva al suolo, ora più
in alto e subito dopo sublime, e lo custodivano, per dir così, dei leoni di
immensa grandezza, non si sa se di bronzo o di legno, ma ricoperti d’oro,
i quali percuotendo la terra con la coda, aperta la bocca emettevano il
ruggito con le mobili lingue. In questa casa dunque fui portato alla
presenza dell’imperatore sulle spalle di due eunuchi. E sebbene al mio
arrivo i leoni emettessero un ruggito, e gli uccelli strepitassero secondo
le loro specie, non fui commosso né da paura, né da meraviglia, poiché
di tutte queste cose ero stato informato da chi le conosceva bene.
Chinatomi prono per tre volte adorando l’imperatore alzai il capo e
quello che avevo visto prima seduto elevato da terra in moderata misura,
lo vidi poi rivestito di altre vesti seduto presso il soffitto della casa; come
ciò avvenisse non lo potei pensare, se non forse perché era stato
sollevato fin là da un ergalion (argano), con cui si elevano gli alberi dei
torchi. Allora non disse nulla di sua bocca, giacché, anche se lo avesse
voluto, la grandissima distanza lo avrebbe reso sconveniente, ma per
mezzo del logoteta mi domandò della vita e della salute di Berengario.
Avendogli risposto conseguentemente, ad un cenno
dell’interprete uscii e mi ritirai subito nell’ostello concessomi.
Ma non m’incresca di ricordare neppure questo, che cosa allora io abbia
fatto per Berengario, perché si conosca con quanto amore abbia
prediletto costui e che razza di ricompensa abbia da lui ricevuto per le
mie buone azioni. Gli ambasciatori degli Ispani ed il nominato
Liutifredo, messaggero di Ottone nostro signore, allora re, avevano
portato molti doni da parte dei loro signori all’imperatore Costantino. Io
invece da parte di Berengario non avevo portato nulla se non una lettera,
per di più piena di menzogne. Il mio animo ondeggiava non poco per
questa vergogna e meditava attentamente che fare a questo proposito.
Mentre ondeggiavo e fluttuavo assai, la mente mi suggerì di conferire i
doni, che da parte mia avevo recato all’imperatore, come da parte di
Berengario e di ornare, per quanto potevo, di parole il piccolo dono
(Terenzio, Eunuch., 214). Offrii dunque nove bellissime corazze, sette
bellissimi scudi con borchie dorate, due coppe d’argento dorato, spade,
lance, spiedi, quattro schiavi karzimasi, più preziosi per l’imperatore di
tutte le cose nominate. Infatti i greci chiamano Karzimasio il fanciullo
reso eunuco per amputazione dei testicoli e della verga; il che i mercanti
di Verdun sogliono fare per grande guadagno e li vendono in Spagna.
Fatte queste cose, l’imperatore diede ordine di chiamarmi a palazzo tre
giorni dopo e, rivolgendosi a me di sua bocca, mi invitò a banchetto,
dopo il quale donò a me ed al mio seguito un grande regalo. Ma giacché
si è presentata l’occasione di narrarlo, ritengo bene non tacere,
ma descrivere quale sia la sua mensa,
soprattutto nei giorni di festa e quali giochi si facciano a mensa.
Vi è una casa presso l’ippodromo rivolta a nord di meravigliosa altezza e
bellezza, che si chiama Dekaenneakubita 147, nome che ha preso non
dalla realtà, ma per cause apparenti; deka in greco è dieci in latino, ennéa
è nove, kubita poi possiamo dire le cose inclinate o curvate dal verbo
cubare. E questo pertanto, perché nella natività secondo la carne del
signor nostro Gesù Cristo (25 dicembre) vengono apparecchiate
diciannove mense. A queste l’imperatore e parimenti i convitati
banchettano non seduti, come negli altri giorni, ma sdraiati; in quei
giorni si serve non con vasellame d’argento, ma solo d’oro. Dopo il cibo
furono recati dei pomi in tre vasi d’oro che, per l’enorme peso, non sono
portati dalle mani degli uomini, ma da veicoli coperti di porpora. Due
vengono posti sulla mensa in questo modo. Attraverso fori del soffitto tre
funi ricoperte di pelli dorate sono calate con anelli d’oro che, posti alle
anse che sporgono nei vassoi, con l’aiuto in basso di quattro o più
uomini, vengono sollevati sopra la mensa per mezzo di un ergalion
girevole, che è sopra il soffitto, e allo stesso modo vengono deposti.
Tralascio di scrivere, che sarebbe troppo lungo, i giochi che ho visto lì;
uno solo non mi increscerà d’inserire qui per la meraviglia.
Venne un tale che portava sulla fronte senza aiuto delle mani un palo
lungo ventiquattro piedi o più, che aveva un altro legno di due cubiti per
traverso ad un cubito più in basso dalla sommità. Furono introdotti due
fanciulli nudi, ma campestrati, cioè con un cinto, i quali salirono sulla
pertica, vi fecero evoluzioni e discesero poi a capo in giù, mantenendola
immobile come se fosse infitta al suolo con le radici. Quindi, dopo la
discesa di uno, l’altro, che era rimasto e lassù aveva fatto giochi da solo,
mi rese attonito per ancor più grande meraviglia. In ogni modo, finché
entrambi avevano giocato, sembrava cosa possibile, perché, sebbene in
modo mirabile, governavano con un peso uguale la pertica su cui erano
saliti. Ma quel solo che rimase sulla sommità della pertica, poiché seppe
equilibrare il peso così bene da giocare e discendere indenne, mi rese
così stupefatto che la mia meraviglia non passò inosservata anche
all’imperatore in persona. Perciò, fatto venire l’interprete, mi chiese che
cosa mi paresse più straordinario: il fanciullo che si era equilibrato con sì
gran misura che la pertica rimaneva immobile, oppure quello che sulla
fronte aveva sorretto il tutto con tanta abilità che, né il peso, né le
evoluzioni dei fanciulli lo piegarono neppure un po’.
Dicendo io di non sapere che cosa mi sembrasse thaumastòteron,
cioè più meraviglioso, egli, scoppiato in una gran risata,
rispose che similmente non lo sapeva neppure lui.
Ma nemmeno penso di dover tralasciare in silenzio quest’altra cosa che
colà vidi di nuovo e straordinario. Nella settimana prima del baiophoron,
che noi diciamo i rami delle palme, l’imperatore fa l’erogazione di
monete d’oro sia ai militari, sia a quelli preposti ai vari uffici, a seconda
del merito di ciascun ufficio (24-30 marzo 950). E poiché volle che io
partecipassi all’erogazione, mi ordinò di venire. Fu una cosa di tal
genere. Era stata posta una mensa di dieci cubiti di lunghezza e quattro di
larghezza, che aveva le monete poste in scatolette, secondo che era
dovuto a ciascuno, col numero scritto all’esterno delle medesime.
Entravano alla presenza dell’imperatore non alla rinfusa, ma in ordine
secondo la chiamata di colui che recitava i nomi scritti degli uomini
secondo la dignità dell’ufficio. Fra questi è chiamato per primo il rettore
della casa, al quale vengono posti non nelle mani ma sugli omeri le
monete con quattro scaramangi (mantelli). Dopo di lui ho domestikòs tes
askalónes e ho deloggáres tes ploôs, dei quali il primo è capo dei soldati,
l’altro della flotta. Questi, siccome la dignità è pari, ricevono monete e
mantelli in pari numero e, per la gran quantità, non li portarono già sugli
omeri, ma se li trascinarono dietro a fatica con l’aiuto di altri. Dopo
questi furono ammessi i magistri nel numero di ventiquattro, ai quali
furono erogate libbre di monete d’oro, a ciascuno secondo lo stesso
numero ventiquattro, con due mantelli. Dopo questi seguì l’ordine dei
patrizi, che ricevettero in dono dodici libbre di monete con un mantello.
Non so il numero dei patrizi né quello delle libbre, ma soltanto ciò che
era dato a ciascuno. Dopo queste cose vien chiamata una turba immensa,
dei protospathari, degli spathari, degli spatharokandidati, dei kitoniti,
dei manglaviti, dei protokarabi, dei quali uno aveva preso sette libbre,
altri sei, cinque, quattro, tre, due, una libbra, secondo il grado di dignità.
Non vorrei tu credessi che questa cosa si sia compiuta in un sol giorno.
Si cominciò il giovedì dall’ora prima del giorno fino all’ora quarta del
venerdì e al sabato fu terminata dall’imperatore. A questi che prendono
meno di una libbra, non già l’imperatore ma il parakoimómenos
distribuisce per tutta la settimana che precede la Pasqua. Assistendo io e
considerando con meraviglia la cosa, l’imperatore per mezzo del logoteta
mi domandò che cosa mi piacesse di questa faccenda. E a lui dissi: «Mi
piacerebbe assai, se mi giovasse; come anche al ricco assetato e ardente
il riposo di Lazzaro apparsogli sarebbe piaciuto se gliene fosse venuto
pro’; ma poiché non gliene venne, come, di grazia, avrebbe potuto
piacergli?» Sorridendo l’imperatore, un po’ mosso da vergogna, accennò
con il capo che andassi da lui e volentieri mi diede un grande pallio con
una libbra di monete d’oro, che ricevetti ancor più volentieri."
Liutprando di Cremona, Antapodosis, VI, 4-10. (trad. it. in Liutprando di Cremona, Italia e Bisanzio alle soglie dell’anno Mille, a cura di M. Oldoni e P. Ariatta, Novara 1987
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Intorno al palazzo imperiale si snoda una città muraria che interamente lo chiude per la circonferenza d’una parasanga. Uno dei suoi lati, volto a Occidente è prospicente il mare. Tre porte di ferro s’aprono lungo le mura; l’una è chiamata Porta dell’Ippodromo, Porta di al-Mankanà l’altra, Porta del Mare la terra. Attraverso la Porta dell’Ippodromo si accende a un vestibolo che misura 100 passi di lunghezza e 50 di larghezza . Su due dei suoi lati si trovano dei palchi ricoperti di tappeti di broccato , materasse e cuscini: vi stan di guardia dei Mori cristianizzati, che portano scudi rivestiti d’oro e lance similmente fregiate. Per porta di Al-Mankanà si entra in un vestibolo lastricato di marmo, che parimenti misura 100 passi di lunghezza e 50 di larghezza, in cui –su due lati– sorgono dei palchi occupati da Khazari con archi alla mano (...). Quando viene sollevata la cortina e si varca la soglia del palazzo , ci si trova in un grande vestibolo che misura 400 passi di larghezza e altrettanti di lunghezza, lastricato di marmo verde , le cui pareti sono ornate di mosaici e pitture d’ogni sorta. Chi entra nel palazzo ha alla sua destra il Tesoro imperiale: qui, all’interno, è posta una statua che rappresenta un cavallo ritto, montato da un cavaliere, i cui occhi sono due rubini rossi. Alla sua sinistra, invece, egli trova una sala che misura passi 200 in lunghezza e 5 in larghezza, dove sono collocate tre volte: una legno ha-lang,un’altra d’avorio, e un’altra d’oro ch’è disposta nello spazio in fondo alla sala. Dopo la celebrazione del rito, l’imperatore esce dalla chiesa e là si reca pio si siede alla tavola d’oro. E’ uesto il giorno della nascita di Cristo".
PANASCIA M. (Ed.), Ibn Rosteh, Il libro delle cose preziose, palermo 1993, pp. 159-163.
“chinc chens mansions, qui toutes tenoient l’une a l’autre et estoient faites a ore musike, et si en i avoit bien trente capeles, que grans que petites”
(LAUER, PH. (Ed.), ROBERT DE CLARI, La prise de Constantinopole, Paris 1924, rist. 1952, LXXXII, pp. 81-82;)
Il grande triclinio della Magnaura, ove splende il trono di Salomone, in quella occasione era stato ornato con diverse catene di rame argentato, qui traslate dal monastero dei Santi Sergio e Bacco: la chiesa che sorge poco distante dal palazzo di Ormisdas. Sette erano sospese sul lato sinistro e altrettante sul lato destro, quattro alle grandi colonne e una, all’esterno, nel grande portico a volta. A queste erano in egual numero gli splendidi lampadari d’argento della chiesa. Tra le grandi colonne, fuori delle cortine, era stato collocato l’organo imperiale d’oro: a entrambi i suoi lati stavano a destra. Più in alto verso oriente, l’organo d’argento della fazione degli Azzurri, e a sinistra, più in basso, l’organo d’argento della fazione dei Verdi. Servendosi di pregiati tessuti di Sidone, gli auleari avevano trasformato il viridario a guisa d’un portico a volta; sospese ai lati delle colonne rivestite di broccato venivano giù lunghe stoffe di diverso colore ( skaramangia) fornite dal Palazzo. La stessa accoglienza fu riservata agli ambasciatori ispani quando giunsero in visita ufficiale. Ma con questa sola differenza: che per essi il viridario fu ornato unicamente con grandiskaramangia. Ed anche in quell’occasione v’erano in bella mostra preziosi oggetti lavoranti smalto, prelevati nel Phylax. I messi ispani, di cui si è detto, furono in visita nel ventiquattresimo giorno d’Ottobre. Ma è bene ritornare al ricevimento dato in onore dei Saraceni di Tarso: il portico realizzato ad arte nel viridario era stato abbellito inoltre con quattordici catene di bronzo argentato, traslate anch’esse dal monastero di Ormisdas, e con altrettanti lampadari d’argento dalla Nea. Era compito del sa cellario addobbare il triclinio dei Candidati che, quell’occasione, era stato ornato di grandi skaramangia color porpora, dei bi lavori in argento forniti dal Phylax, e ancora di cinque catene con altrettanti lampadari d’argento dalla Nea. Decoravano lo spazio antistante alle scuderie e la prima Schola grandi veli d’altare, teli di lino, broccati di seta e preziosi argenti cesellati che l’eparco in queste occasioni suole prendere in prestito da alcuni ostelli per i pellegrini e da ricoveri per gli anziani, oltre che da diverse chiese. Anche in questo spazio erano stati sospesi cinque lampadari e ancora uno, al centro della cupola, nella prima Schola; mentre sei degli stessi - della Nea - ornavano il triclinio degli Excubiti. Il Tribunale, che è detto anche il triclinio dei Diciannove Letti ,era stato addobbato dall’eparco allo stesso modo che per i cortei processionali: vale a dire con veli di porpora, broccati di seta, ori impreziositi da pitture a smalto e cesellati con grande perizia, nella qualità che i commercianti in oro erano riusciti a fornire. V’erano inoltre dodici lampadari d’argento che pendevano da altrettante catene, gli uni e le altre della Nea. L’eparco aveva disposto che venisse similmente addobbato il triclinio delle Scholae. Due soli lampadari d’argento erano collocati all’interno della Chalke ; ma teli di porpora, veli e drappi di seta decoravano l’esterno su entrambi i lati fino ai cancelli d’ingresso, ove era stato sospeso il grande e sontuoso lampadario delle Blacherne . I suntuosi drappi e i veli di porpora del Chrysotriclinio erano stati utilizzati dal sacellario per decorare la grande aula del kamelaukion - il Concistoro , dove si eleggono i magistri – e il portico dell’Augusteos - la Mano d’Oro - il cui passaggio, fino all’Abside era ornato con bei teli fregiati di ricami (…). All’interno del triclinio della Magnaura, accanto al trono imperiale , erano disposti in fila, a destra e a sinistra, gli scritti romani le insegne con l’effigie della Fortuna. I candidati reggevano gli scettri d’oro, e indossavano le tuniche di diverso colore e le vesti bianche loro proprie (kandidatikoa) . Le rimanenti insegne - campidictoria, labara, signa - erano rette dai rematori del primo dromon, che indossavano le divise di rappresentanza dei tagmatici. All’esterno, alla sommità dei gradini che conducono al grande triclinio, stavano i manglaviti con skaramangia e spade. Seguivano i Macedoni della grande etaireia, che indossavano tuniche cinte da spade e sciarpe d’argento: reggendo scudi d’oro ed altri simili scudi , ma di bronzo dorato ed anche di ferro, e scuri a un solo taglio o bipenni. In basso su gli ultimi gradini, stavano invece i soldati della media e della grande etaireia - Phargani e Khazari - che reggevano in una mano la scure e nell’altra la spada. Su entrambi i lati della terrazza stavano allineati i domestici - quelli cui spetta il titolo di protospathari - con skaramangia di diversi colori, verde e rosa; forniti anch’essi di spade. Accanto, disposti in file successive, v’erano gli spatharocandidati: cinti ai fianchi delle loro spade, e con indosso gli skaramangia multicolori e le divise loro proprie. Seguivano gli spathari, anch’essi con skaramangia multicolori, spade e bracciali. E infine gli stratores dell’esercito, che indossavano skaramangia ornati di leoni bianchi e di altre figurazioni contraddistinte ciascuna da un suo particolare colore, reggendo le verghe loro peculiari. Alla sommità dei gradini , là dove si congiungono le due cortine del triclinio, a destra, verso occidente, il magister della grande etaireia reggeva lo stendardo imperiale di seta a fregi d’oro. I capo rematori che stavano a destra e a sinistra, immediatamente vicini ai gradini , ne tenevano due di simili ; e su ciascun lato - lungo la gradinata - v’era una fila di stendardi ornati con clavi d’oro e di vessilli imperiali di seta intessuta d’oro : sorretti, gli uni e gli altri , dai rematori del dromone che in quella occasione indossavano le divise di tutti e quattro i colori dei tagmatici. A entrambi i lati della gradinata, su alti scanni , stavano inoltre i rappresentanti delle fazioni popolari insieme ai cantori dei Santi Apostoli e della Hagia Sophia, che indirizzavano all’imperatore i consueti canti di lode. I rappresentanti dei demi indossavano i loro costumi e portavano le corone aurate; i cantori di entrambe le chiese indossavano le vesti di rappresentanza dei tagmatici o i kamesia interamente di seta dello Skeptos dell’augusta, o ancora altre vesti simili a quelle di ministranti assegnati al triclinio dei Diciannove Letti. In occasione di quel ricevimento, anche il logotheta indossava la sciarpa d’oro. Nel triclinio dei Candidati, all’ingresso, stavano i comandanti degli arithmoi con indosso gli skaramangia le spade e gli scusi. A parte questi, tutti i militari di truppa - dai protospathari in giù fino al livello più basso - che indossavano uno skaramangion, venivano disposti ciascuno dove era opportuno che ci fosse un costume di quel particolare colore e taglio. Ognuno di vari tipi di skaramangia aveva un suo posto designato: le aquile verdi e quelle colorate di rosa qui, i buoi e le aquile poligire là, i bacili qui, i leoni bianchi là. Difatti, ciascuno prendeva posto nel punto assegnato al particolare skaramangion da lui indossato. Schierati in due file contrapposte , nello stesso triclinio che da essi prende il nome, v’erano pure i candidati, che indossavano sia gli skaramangia sia i Kandidatikia (…). Seguivano, di qua e di là, le vedette degli arithmoi con spade e scudi, e nel tratto confinante con la chiesa del Signore stavano i rematori delle galee imperiali, che erano assegnati, in parte, anche al triclinio in cui si trova il kamelaukion - il Concistoro, dove si eleggono i magistri - ed anche all’Onopodion(…). Nel portico dell’Augusteos, v’erano a entrambi i lati gli atchontogennemati, i saponisti del Vestiario e i famigli della sacra mensa(…). Nel triclinio dei Candidati, al di là della porta di bronzo, disposti in file contrapposte v’erano i drungari della flotta imperiale,con le loro famiglie di marinai, e il prefetto dei pamphyli appartenenti alle navi ammiraglie: tutti questi imbracciavano gli scudi di cuoio, cinti ai fianchi delle loro spade. Nella prima Schola e nel triclinio degli Excubiti, erano schierate su entrambi i lati le famiglie dei pamphyli, con scudi di cuoio e spade; e presso la loro coorte, di qua e di là, v’erano inoltre gli strateghi della flotta imperiale. Nel Tribunale eran presenti anche i magistrati urbani, i collegi municipali e i prefetti di ciascun collegio: allineati in file contrapposte . Di questi ora detti, sei portavano l tuniche deisekretikoi - dette platonia - tutti gli altri le tuniche bianche dei tagmatici(…). Seguivano nello stesso Tribunale, altri marini con scudi di cuoio e spade. Questi erano assegnati anche al triclinio delle Scholae. All’interno della Chalke stazionavano i Dalmati, che reggevano gli stendardi e ch’erano forniti di scudi, spade e faretre con frecce. Fuori dei cancello, una turba di popolo affollava il tratto verso l’arco del Milion che mette all’Augusteon. E poi ancora i restanti delle genti di mare, i Dalmati soprannumerari e i Russi battezzati, che sfilavano in parata con stendardi , scudi e spade della loro terra. Il triclinio di Giustiniano e il Lausiakos avevano come solo ornamento le grandi croci di legno da cui pendono, secondo l’usanza lampadari forniti di tutti i loro ceri. Nel grande portico del Chrysotriclinio - l’Orologion - erano stati collocati i due organi imperiali d’oro e i due organi d’argento delle fazioni. Il Chrysotriclinio era ornato come si suole nel sesto giorno di Pasqua, vale a dire che erano stati là posti il pentapyrgion, i troni portatili, i letti grabati, la mensa d’oro e altri arredi ancora che solitamente vengono esposti durante i sei giorni successivi alla Pasqua. Dalla volta delle otto absidi che s’aprono attorno alla grande sala del triclinio, pendevano le corone traslate dal tempio della santissima Theotokos del Pharos e da altre chiese del Palazzo; e pio ancora diverse preziose opere dipinte a smalto, prelevate nel Phylax; e mantelli sia imperiali che augustiaci. E v’era esposto anche il platano tutto d’oro tempestato di perle, dato in comodo dal tempio di San Pietro nel Palazzo; il pallium ricamato - dalla cappella di San Teodoro -; e il drappo effigiato con grifi e leoni, questo dal Pransorium. Ed anche il drappo di porpora a tre colori con su ricamato un platano - dal Pantheon - , lo stendardo augustiaco su cui sono raffigurati dei cavalli, e i l prezioso tappeto della volta del Pransorium . V’era inoltre il drappo col pavone augustiaco dal triclinio dei Dietari. Alle porte d’argento - volte a oriente - erano stati innalzati lo stendardo cesareo su cui sono raffigurati i cavalli e, accanto , due drappi ornati di pavoni e di aquile. Sovrastava le porte d’argento lo stendardo adorno d’un faggio d’oro, detto anch’esso cesareo. E dall’alto pendevano giù preziosi lavori in oro e smalto, e corone tutte d’oro che si susseguivano alternandosi gli uni alle altre. Nel fornice orientale v’erano sospese soltanto le corone, mentre dagli altri sette fornici pendevano dei lampadari d’argento ancorati a catene di bronzo argentato , qui traslati dal tempio della santissima Theotokos del Pharos. Ed anche nell’abside imperiale, volta a oriente, erano state sospese tre corone anziché tre lampadari(…). Sui quattro ripiani sovrapposti nella parte centrale del pentapyrgion , e su quelli laterali dello scrigno anteriore, pendevano varie pregiate opere, fornite dalla chiesa del santo e grande martire Demetrio, ed altre dal Phylax. Alle asticelle di legno - che sporgono dalle pareti dello stesso pentpyrgion - erano state affisse cinture nuziali diversamente ornate con gemme e perle, prelevate nelPhyla. Dal grande lampadario posto al centro del Chrysotriclinio pendevano due cappe con cappuccio augustiache e due vesti radiate(…). Alle finestre del grande kosmeterion - nello stesso Chrysotriclinio - erano stati sospesi piatti e scodelle da tavola, e bei piatti d’argento, custoditi nel vestiario del Karianos . Dall’alto delle sedici vele finestrate della cupola, pendevano scodelle più piccole che facevano parte dello stesso corredo, e degli stessi piatti d’argento - ma cesellati - ne pendevano sette insieme da ciascuna delle vele(…).
L’imperatore usciva dal Sacro Palazzo e incedeva, con solenne corteo, fino al grande triclinio della Magnaura. Là giunto, entrava poi nel mitatorion, e frattanto gli amici Saraceni venivano informati ch’era tempo di presentarsi al suo cospetto. Lasciato il Chrysion, gli ambasciatori scendevano per la scala a chiocciola prospiciente l scuderie imperiali delle auguste, percorrevano l’ambulacro che è detto Anetha, e, oltrepassato il Pozzo Sacro, smontavano da cavallo presso i cancelli della Chalke, nello spazio antistante alle porte. Passati all’interno, attraversavano il triclinio delle Scholae e il Tribunale, quindi volgevano a destra per fermarsi infine nel portico che là si trova, e che in quella occasione era addobbato tutt’intorno con bei drappi purpurei: a recingerlo in spazio conchiuso(…). Quando il sovrano entrava nel mitatorion dellaMagnaura, i cantori e i demoti delle fazioni davano inizio agli inni in sua lode. Poi, compiutasi la rituale vestizione, egli appariva nel grande triclinio: d’una tunica ottagonale, cinto il capo d’una grande bianca corona, saliva fino al trono di Salomone e là rimaneva assiso (…). Svoltasi l’udienza secondo il rituale consueto, una volta congedati gli amici Saraceni uscivano. Passavano attraverso il viridario, il triclinio dei Candidati, l’Onopodion, la Mano d’Oro, entravano poi nel triclinio dell’Augusteos per sostare là finché l’imperatore non facesse ritorno a Palazzo. Trascorso il tempo necessario , quando egli era già nelle sue stanze, s’invitavano gli ambasciatori e il loro seguito a lasciare l’Augusteos: poi gli si guidava - per il portico interno e l’Abside - fino all’Ippodromo, presso gli Skyla. Dove, una volta entrati, si fermavano nella zone occidentale del Giustinianeo, e là riposavano accomodati su degli scanni. Il banchetto veniva celebrato nel triclinio conviviale del Giustinianeo. A entrambi i lati del triclinio erano stati collocati gli scettri romani d’oro, e le insegne con l’effigie della Fortuna; e v’erano altri scettri, anch’essi d’oro, retti dai candidati che indossavano gli skaramangia loro propri e i kandidatikia (…). Quando gli amici Saraceni s’erano già assisi alla mensa, i cantori davano inizio ai loro cori: gli apostoliti stavano all’interno della cortina, sotto la vota prospiciente il cubicolo imperiale; gli agiosophiti invece, all’estero sotto la volta prospiciente il Pantheon. Per l’intera durata del banchetto essi cantavano in lode dell’imperatore, tranne quando venivano servite le vivande. I Saraceni sostavano e prendevano riposo nel tratto orientale del Giustinianeo che risponde sulla zona mediana del giardino. Poco dopo, inviato dall’imperatore, giungeva il kitinita che recava loro essenze di fiori di vite, acqua di rose, unguenti e profumi(…). Anche in questa occasione, il grande kosmeterion del Chrysotriclinio era ornato di piatti cesellati e scodelle, ed altre scodelle cesellate - più piccole - pendevano giù dalle sedici vele finestrate del trullo. Diversi giorni dopo, gli ambasciatori Saraceni chiedevano che si concedesse loro un nuovo incontro con l’imperatore, per una seconda udienza. E poi il Chrysotriclinio era stato spogliato già dei suoi addobbi, e d’ogni ornamento, si provvide a sistemare là il pentapyrgion, e a sospendere tre corone sui ripiani mediani volti a oriente, che servissero da provvisorio decoro: in centro, fu posta la corona verde dei Verdi dai Santi Apostoli ; a destra la corona degli Azzurri dalla santissimaTheotokos del Pharos; a sinistra, la corona del santo e grande martire Demetrio(…). Due grandi troni sorgono nell’abside imperiale del Chrysotriclinio: sul lato destro - volto a oriente - il trono di Arcadio, in cui siede Romano Porphyrigenito e Imperatore coronato da Dio; sul lato sinistro, il trono del santo e grande Costantino. Ma per quell’udienza erano stati collocati su entrambi i lati della sala anche i troni portatili d’oro, come su usa fare nella settimana successiva alla Pasqua; e v’erano pure i due letti grabati d’oro, e due grandi assi d’argento alti come alberi di nave: lì collocati perché su essi veniva innalzata la cortina che volge a occidente, al cui interno erano stati sospesi tre grandi piatti d’oro preziosamente istoriati (missoria). Il triclinio era adorno anche di veli aurei, quelli di addobbo durante la festa di Pasqua. L’intero pavimento appariva cosparso di mirto, dendrolibano e rose. L’aurea mensa, tuttavia, non era stata qui esposta. I magistri, i proconsoli e i patrizi indossavano le vesti ufficiali, quelle che il cerimoniale prescrive, e similmente i cubiculari; ma gli addetti al Chrysotriclinio portavano i sagia aurei dei Russi; mentre tutti i sekretikoi vestivano i veri sagia, quelli purpurei (…). Gli amici Saraceni, intanto, passati per l’Ippodromo e gli Skyla, attraverso il triclinio di Giustiniano e il Lausiakos poi giungevano nel Chrysotriclinio: al cospetto del Grande imperatore (…). I loro accompagnatori rimanevano invece all’interno della cortina volta a occidente, sorretta dai due grandi assi d’argento, al di là dei tre missoria d’oro: ove attendevano fino al termine dell’udienza. Conclusi i colloqui e ricevuto il commiato, gli ambasciatori poi si allontanavano: mentre gli uomini del loro seguito. soffermandosi alle porte mediante del triclinio, indirizzavano le parole di lode all’imperatore . Infine, uscivano anch’essi per far tutti ritorno al Chrysion con lo stesso percorso d’andata.
PANASCIà M. (Ed.), Il libro delle cerimonie, Palermo 1993, 119-139.
Nel trentesimo giorno del mese di Agosto , giorno dl Signore, si dava accoglienza a Delemiki, emiro di Amida, e all’ambasciatore mandatario di Abu Khabdan. Questo ricevimento fu in tutto simile al precedente. I sovrani stavano assisi sui seggi d’oro posti al centro del grande triclinio della Magnaura (…). Distribuiti a destra e a sinistra sui i lati del triclinio, v’erano anche i candidati - abbigliati degli skaramangia e dei kandidatikia loro propri - che reggevano gli scettri romani, le insgne della Fortuna ed altri venerati emblemi. A un ordine, il logotheta introduceva quindi gli ambasciatori di Tarso, secondo il cerimoniale consueto. Trattenutisi a colloquio con l’imperatore per il tempo necessario e ricevuto il commiato, poi gli ambasciatori uscivano per trasferirsi nel triclinio del Trullo, che vien detto comunemente Oaton: ma con termine impropri , giacché questo designa invece lo scrigno custodito negli archivi del Sacello. Allontanatisi gli amici di Tarso, l’imperatore s’avvolgeva nella candida tunica ottagonale, e cinto il capo d’una grande bianca corona sedeva sul trono di Salomone. Aveva inizio, quindi, la seconda udienza, che si svolgeva secondo lo stesso cerimoniale e secondo lo stesso ordine della precedente(…). Nel grande triclinio dei Diciannove Letti, lo stesso giorno domenicale, si celebrava un banchetto solenne conformemente al rituale e all’ordine del dodekaemeron. A destra, verso occidente, su uno dei lati del grande triclinio, era stata approntata la piccola mensa rotonda: così fatta proprio perché gli ospiti Saraceni non passeranno che nella distribuzione dei posti a sedere un dignitario venisse anteposto ad un altro, e ciò sarebbe equivalso a ricevere un’offesa. Fu stabilito che a quella tavola sedessero uno dei magistri, il parakoimomenos Kosmas, i due ambasciatori di Tarso e l’ambasciatore emissario di Abu Kahabdan.
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